Visualizzazione post con etichetta Crescita Interiore. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta Crescita Interiore. Mostra tutti i post

sabato 15 novembre 2025

Quando il dolore non ha un perché

Il dolore come maestro silenzioso


Per me, novembre è un mese di riflessione profonda.

Ci sono momenti nella vita in cui il dolore arriva senza bussare. 
Non ti avvisa. Non sembra avere un perché.
Ti svegli una mattina e tutto cambia. Ti aggrappi alle domande, alle spiegazioni, cerchi un senso logico...ma non lo trovi.


Fotografia mamma

Il dolore, quello vero, arriva così: improvviso, brutale, ingiusto.
Mamma
5 novembre 1941 - 15 novembre 1999


Di fronte a una perdita ci sentiamo vulnerabili, impotenti, ed è proprio in questa fragilità che capiamo che non tutto ha un perché umano. Alcune esperienze semplicemente sono. E meritano silenzio, non analisi.


Un lunedì mattina del 1999 ho imparato che non sempre il dolore vuole essere compreso con la mente. A volte chiede solo di essere attraversato, accolto, vissuto.


Il dolore non chiede spiegazioni


Quando il dolore non ha un perché, la mente si ribella.
Vuole capire, vuole mettere ordine, vuole trovare un colpevole. Ma la vita non sempre segue la logica della mente. E allora dentro di noi monta la rabbia.

Ci sono esperienze che esistono solo per aprirci, per farci vedere qualcosa che da tempo ignoravamo.
Non per punirci, ma per farci evolvere. Anche se fa male. Tanto.

Molte persone, di fronte alla sofferenza, cercano subito di fuggire, di sostituirla con distrazioni, dipendenze o con pensieri positivi. Ma il vero cambiamento non arriva negando ciò che sentiamo: arriva quando ci fermiamo e impariamo a restare.
Rimanere presenti, anche nella sofferenza. Anche quando non capiamo.


Il senso del dolore e la via dell'accettazione


Accettare il dolore non significa arrendersi. Significa riconoscere ciò che c'è, senza giudizio. È dire: "Non capisco perché accade questo, ma scelgo di non farmi distruggere da esso." Si tratta di fare una scelta. Sempre.

Questa è la vera forza spirituale: non eliminare la sofferenza, ma trasformarla in consapevolezza.

Quando impariamo a guardare dentro, ci accorgiamo che la vita non ci dà ciò che desideriamo, ma sempre ciò di cui abbiamo bisogno per crescere.

"Non ci si libera di una cosa evitandola,
ma solo attraversandola,"
Cesare Pavese



Il bisogno di capire umano


Il dolore è un maestro che parla senza parole. Ci insegna la presenza. È nelle notti più buie che scopriamo la nostra vera luce, e nei momenti in cui tutto sembra crollare nascono le radici della nostra forza interiore.

La crescita inizia quando smettiamo di chiedere "perché proprio a me?" e iniziamo a domandarci "cosa vuole insegnarmi questa esperienza?"




"Non diventiamo illuminati immaginando figure di luce,
ma rendendo consapevole l'oscurità."
Carl Gustav Jung




Dove la mente si ferma, inizia l'anima



Ci sono dolori che la mente non può comprendere. Ma l'anima sì.
L'anima non cerca spiegazioni: accoglie, respira, trasforma.

Quando lasciamo andare il bisogno di controllare tutto e ci affidiamo a qualcosa di più grande, una parte di noi comincia a guarire. 

Ogni volta che ci fermiamo e restiamo in ascolto, il dolore perde potere. Non scompare, ma cambia vibrazione. Diventa una passaggio che ci porta alla nostra dimensione più intima, quella che sa anche quando non comprendiamo e la frustrazione prende il sopravvento.

La guarigione interiore non è dimenticare, ma ricordare chi siamo al di là di quelle ferite.



La trasformazione



Forse l'unica ragione del dolore è quella di riportarci sul cammino: il nostro. Di insegnarci ad amare anche ciò che non comprendiamo. E in quel momento, nel preciso istante in cui smettiamo di combattere e iniziamo ad accogliere accade la trasformazione. Non fuori, ma dentro di noi.

E allora, forse, la vera domanda non è "Perché è accaduto?, 
ma "Chi sono diventato attraversandolo?"





 

lunedì 20 ottobre 2025

Creare per l'eternità

 

Quando l'arte guarda oltre il successo


Viviamo in un tempo che misura quasi tutto in termini di risultati immediati: visualizzazioni, like, riconoscimenti.

Ci muoviamo come se ogni gesto dovesse produrre un effetto tangibile e veloce, dimenticando che la vera grandezza nasce spesso nel silenzio e nella pazienza.

Ci sono persone che creano opere meravigliose pur sapendo che non le vedranno mai compiute.
Persone che non creano per farsi vedere, ma per rispondere a una chiamata interiore, per servire qualcosa di più grande di sé: Dio, la bellezza, l'amore o semplicemente la vita stessa.


Costruire con lo sguardo rivolto al cielo


Antoni Gaudì dedica tutto sé stesso alla Sagrada Familia, come chi costruisce un dialogo con il divino.
Sa che non vedrà mai finita la sua basilica, ma non lo considera un limite: per lui, il tempo umano è solo una parte del disegno.

Dice: "Il mio cliente non ha fretta", e in quella frase c'è tutto il senso del suo lavoro.
Per Gaudì, costruire è un atto di fede: ogni dettaglio ha un senso spirituale, come parte di un mondo che supera l'ego. 

È il segno che ciò che nasce da un'intenzione pura non muore mai.

Nel 1926 muore in solitudine, travolto da un tram e scambiato per un mendicante, come se anche nel suo ultimo istante la sua umiltà avesse nascosto la sua grandezza.


La Sagrada Família di Antoni Gaudí, simbolo di arte che guarda all’eternità


La voce silenziosa dell'anima


Quando Emily Brontë scrive Cime tempestose, vive in un piccolo villaggio, lontano da tutto.

Non cerca la fama letteraria, non immagina neppure che la sua storia verrà letta da milioni di persone.
È un'opera intima, tormentata, scritta per necessità interiore, come se le parole fossero un modo per dare forma all'invisibile.

Chi crea con passione non lo fa per se stesso, ma per l'eternità.



Copertina del romanzo Cime tempestose di Emily Brontë, simbolo di passione e solitudine senza tempo


Il sacrificio della bellezza


Vincent Van Gogh dipinge con fame, dolore e fede.

Spesso non ha soldi per mangiare, ma trova sempre il modo di comprare colori.
Scrive al fratello Theo che dipingere, per lui, è "un modo per sentire Dio".

Vende solo un quadro quando è ancora in vita, ma continua a dipingere con urgenza e devozione: la pittura è il suo modo di respirare. 

Oggi  i suoi quadri valgono milioni, ma il loro vero valore non è economico: è spirituale.
Ci ricordano che la bellezza può nascere anche dalla sofferenza e dall'incomprensione.



La Notte stellata di Vincent van Gogh, un inno alla fede e alla luce che nasce dal dolore



Creare come atto d'amore


Creare qualcosa senza aspettarsi nulla in cambio è un atto di fede, un modo per donare sé stessi.

Come nel film Collateral Beauty, il protagonista, distrutto dalla perdita della figlia, si trova davanti a tre presenze simboliche: l'Amore, il Tempo e la Morte.

Ognuna di loro lo costringe a guardare la vita da una prospettiva più profonda.
Alla fine capisce che anche nel dolore esiste una forma di bellezza nascosta, una "bellezza collaterale", che nasce quando smettiamo di controllare tutto e lasciamo che la vita ci attraversi, permettendoci di dialogare con il mistero.





Così è anche per la creazione autentica: quando un artista lavora senza cercare l'approvazione, quando costruisce qualcosa solo per amore, senza aspettarsi nulla in cambio, in quel gesto si nasconde una forma di grazia.
E quella grazia, prima o poi, ritorna.
Magari non come successo o denaro, ma come pace, ispirazione o consapevolezza di aver contribuito, anche solo un po', alla bellezza del mondo.

Abbiamo bisogno di tornare a questa idea: creare non per riempire un mercato, ma per riempire il mondo di senso.
Costruire come Gaudì, scrivere come Emily Brontë, dipingere come Van Gogh, per donare qualcosa che resti.

E anche se non ne vediamo il frutto, quella traccia si trasforma, viaggia e, un giorno, tocca qualcun altro.




Just be sure to notice collateral beauty.







martedì 7 ottobre 2025

Il potere trasformativo della lettura

Come la lettura mi ha cambiata per sempre


Nel tempo, i libri sono diventati i miei compagni di viaggio più fidati. A molti ricordi e periodi della vita ho associato un libro. Ogni storia letta ha lasciato un segno, ha parlato a una parte di me, accompagnandomi nella crescita e nei cambiamenti.

Le prime letture: "Cuore" e la scoperta dell'emozione


Alle scuole elementari ricordo il mio primo vero incontro con la lettura: Cuore di Edmondo De Amicis, un regalo di mamma.
Mi incuriosivano le vicende di Enrico, le lettere dei suoi genitori, la bontà di Garrone, la cattiveria di Franti, e il coraggio del piccolo tamburino sardo.
Era un mondo di valori semplici ma profondi, eppure la mia relazione con i libri non era ancora amore.


                                                  
                                  

La paura di leggere ad alta voce 


Durante gli anni della scuola elementare, un metodo educativo poco empatico ha spento in me la curiosità. La maestra ci faceva leggere ad alta voce e, su un tabellone appeso al muro, c'era una classifica con in nomi di chi "leggeva meglio".
Forse pensava che la competizione potesse motivarci, ma per me è successo il contrario: ho letto peggio e ho iniziato quasi a odiare i libri.


Il caso...o il destino: Oriana Fallaci e la svolta


Un pomeriggio d'estate, nei primi anni delle superiori, mi annoiavo. Ho curiosato nella libreria di mio fratello e ho scelto un libro a caso, o forse no: Insciallah di Oriana Fallaci.
Era enorme, o almeno così lo vedevo, più di 600 pagine. Ero convinta che non l'avrei mai finito. Invece, pagina dopo pagina, mi sono ritrovata catapultata nella guerra del Libano, tra esplosioni e vite spezzate. Beirut mi sembrava così vicina.
Quel libro mi ha cambiato la vita: da allora non ho più smesso di leggere. Ogni storia è diventata un viaggio, ogni personaggio una parte di me.

Come diceva Umberto Eco,

  "Chi non legge, a 70 anni avrà vissuto una sola vita. Chi legge, avrà vissuto 5000 anni."



"I pilastri della Terra" e il crollo della mia cattedrale



Ci sono libri che restano legati a momenti precisi della vita.
Per me, uno di questi è I pilastri della Terra di Ken Follet.
Ricordo che, mentre immaginavo Tom intento a costruire la sua cattedrale, senza neanche accorgermene ho letto fino alle tre di notte, trascinata dalla bellezza e dal significato di quella storia.
Ma quella mattina la mia "cattedrale" è crollata per sempre: mia madre è morta improvvisamente.
Da allora sono passati più di vent'anni e non sono più riuscita a leggere un libro di Follet.
Quel dolore si è intrecciato a quelle pagine, rendendole parte indelebile della mia storia personale.


Il Conte di Montecristo: la forza della compassione


Tra i tanti libri che mi hanno lasciato un insegnamento profondo c'è Il Conte di Montecristo di Alexandre Dumas.
Mi ha insegnato che la via d'uscita non è la vendetta, ma la determinazione, e che qualunque cosa accada, non possiamo smettere di essere compassionevoli. Non possiamo, e non dobbiamo, sostituirci a Dio.
Un romanzo geniale, che parla di perdono, riscatto e umanità.



Il Dono del silenzio: imparare a stare nel presente


Più recentemente ho scoperto Il dono del silenzio di Thich Nhat Hanh, che mi ha insegnato ad ascoltare i rumori della mente, ad accoglierli e a restare nel presente.
Un libro che non si legge soltanto, ma si vive.

I libri come medicina per l'anima


Per ogni momento, triste o felice, c'è sempre stato un libro accanto a me.
La lettura ha avuto un potere trasformativo: apre mondi, guarisce ferite, accende la consapevolezza.

Ogni medico dovrebbe prescrivere almeno un libro al mese.
Se si eccede nelle dosi, non ci sono controindicazioni: solo crescita, libertà e nuove vite da vivere.



martedì 26 agosto 2025

La mina, il berbero e il coraggio di fare il primo passo.





Cambiamento personale rappresentato da un soldato con un piede su una mina e un berbero che lo sprona a fare il primo passo.
Dal film Mine di Fabio Guaglione



Come affrontare il cambiamento personale un passo alla volta. Dal film Mine al metodo Fattore 1%.


Vivere con un piede su una mina: la metafora del cambiamento.


Qualche tempo fa, su consiglio di un'amica, ho visto il film Mine, e c'è una scena che mi è rimasta impressa: il dialogo fra un soldato con un piede su una mina e un uomo del deserto, un berbero.

Il soldato, intrappolato, è paralizzato dalla paura. Ogni movimento potrebbe essere l'ultimo.
Il berbero, invece, con parole semplici e dirette gli dice:

"Non importa dove sei tu ora, ma dove tu vuoi andare. Io vuole andare solo a casa, da mia familia, io segue soltanto mio destino."

Parole semplici ma illuminati.
Perché infondo viviamo anche noi come se avessimo un piede su una mina: bloccati dalla paura di cambiare, incapaci di fare quel primo passo che potrebbe liberarci.

Abitudini e paura di agire.


Le abitudini ci danno sicurezza, ma spesso ci intrappolano in una zona comfort che diventa una gabbia. 
Quante volte ci ripetiamo: "Non è il momento giusto", "Meglio aspettare", "Ormai è così?".

Il problema è che il tempo passa e restiamo fermi. A volte serve una "mina" metaforica, una crisi, un imprevisto, un ostacolo, per costringerci a cambiare davvero. 


Il "berbero" ci costringe al cambiamento.


Ognuno di noi, prima o poi, incontra il proprio "berbero": un amico che ci incoraggia, un datore di lavoro che ci mette alla prova, un evento che ci obbliga a guardare la vita con occhi diversi.

Il cambiamento non nasce mai dal caso, ma dal coraggio di ascoltare quella voce che ci spinge a fare il primo passo.


Fattore 1%: cambiare poco per cambiare tutto.








Il libro Fattore 1% di Luca Mazzucchelli, psicologo e divulgatore, mi ha dato una chiave pratica per affrontare il cambiamento. Non serve stravolgere la propria vita dall'oggi al domani: basta migliorare di un piccolo passo, dell'1% alla volta. 

Con costanza, volontà e disciplina, qull'1% quotidiano diventa trasformazione. 


Costruire il destino un passo alla volta.


Il vero errore non è fare un passo falso, ma restare fermi. 
Che si tratti di cambiare abitudini, migliorare la propira vita o inseguire un sogno, tutto inizia da quel gesto: il coraggio di spostare il piede dalla "mina". 

E allora il mio augurio per te  è questo: trova il tuo "berbero". 
Qualcuno che ti ricordi che non conta dove sei oggi, ma dove vuoi andare domani.

































ssasa

Alla scoperta della sardegna archeologica con il romanzo Secreta Mundi di Consuelo Pinna

Quando il dolore non ha un perché

Il dolore come maestro silenzioso Per me, novembre è un mese di riflessione profonda. Ci sono momenti nella vita in cui il dolore arriva sen...